Totally Wired: la scena Acid Jazz inizio anni 90

24 Ott

James Taylor Quartet

Rispolveriamo un articolo dalla fanzine mod romana “I Sopravvissuti” uscita nel 1995. Magari l’articolo è un po’ datato ed impreciso (Internet all’epoca non era ancora l’enciclopedia di adesso), ma capace di fotografare succintamente la novità acid jazz dei primi anni 90, un movimento parallelo alla scena mod  che ha spesso rappresentato, soprattutto a Roma, una boccata d’aria fresca, molto stimolante rispetto ad un ambiente come quello mod al tempo un po’ troppo chiuso in se stesso…

Sono passati ormai diversi anni dall’inizio dell’avventura discografica Acid Jazz che diede il via alla nascita di un vero e proprio fenomeno musicale. Tutto cominciò nel 1988, in pieno boom dei rave party (dai quali si prese in prestito il termine “acid”), quando due dj londinesi (Gilles Peterson ed Eddie Piller) che già da alcuni anni stavano cercando di far riscoprire in alcuni locali di Londra rari dischi di modern jazz più ballabili, di funk anni 70, di soul, diedero vita alla etichetta indipendente Acid Jazz. Inizialmente dedicata alla stampa di vecchi brani funk, jazz e rare groove, la Acid Jazz iniziò a produrre gruppi esordienti che facevano riferimento a quelle sonorità che si potevano ascoltare in molti club di Londra e dintorni. Dal primo singolo pubblicato, “Frederick’s lies still” dei Galliano, alle raccolte “Totally Wired” (giunte fino a 14 volumi) la piccola label cominciò a riscuotere successo non solo di critica, ma anche in termini di vendite. In questa scena la presenza della componente mod era fortemente marcata, a partire dal fondatore della Acid Jazz, Eddie Piller, influente mod-dj già curatore della modzine “Extraordinary Sensations”. Infatti la parte più all’avanguardia dei mods inglesi, capito che ormai il revival 79 era esaurito e poco incline a fossilizzarsi in sterili riproposizioni del 60-style, si stava orientando verso qualcosa di nuovo. Proprio gli Style Council, se non anche gli ultimi Jam, si possono considerare come pionieri di queste sonorità. A dimostrazione di ciò sono le forti collaborazioni di ex-componenti del gruppo (Paul Weller, Mick Talbot e Steve White) con bands acid jazz… Altro gruppo pioniere del genere fu il James Taylor Quartet, gruppo dalle non nascoste radici moderniste. Basti pensare che James Taylor era l’”hammondista”, e Alan Crockford il “bassista” del mitico gruppo mod degli anni 80: i Prisoners. I JTQ, dopo i primi due album in cui le influenze beat/psichedeliche erano ancora molto marcate, registrarono l’album “Wait a minute”, senza dubbio uno dei più bei dischi acid jazz e quello che determinò il boom del genere. In esso sono compresi pezzi strumentali come “Startsky & Hutch”, “Fat Boy Stomp”, fortemente influenzati  dal soul/funz primi anni 70. Nei primi anni 90 Gilles Peterson lascia la Acid Jazz Records per dare vita ad un’altra etichetta (Talkin’ Loud) più legata a sonorità dance, hip-hop, rap. Questa etichetta raggiunge presto un grande successo mondiale con bands tipo Galliano, Incognito, Urban Species. La Acid Jazz, invece, accentua la sua inclinazione verso suoni più duri e più vicini al rock fine anni 60 (Santana, Traffic, Small Faces, Brian Auger’s Oblivion Express, Led Zeppelin) con bands come, oltre ai JTQ, Brand New Heavies, i primi Jamiroquai, Mother Heart, Corduroy (questi ultimi due fortemente influenzati anche nel look dallo stile mod). Gli anni 90 rappresentano anche la consacrazione mondiale di questo genere (particolarmente vivaci le scene giapponesi, australiane e svedesi). Da un paio di anni (articolo scritto nel 1995 ndr) anche l’Italia è diventata un centro influente della scena acid jazz. Città come Roma, Bari, Bologna, Milano hanno sviluppato circuiti di djs e bands  con un seguito massiccio e fedele. Oltre alle influenze su gruppi commerciali tipo Dirotta su Cuba, l’acid jazz nostrano sforna di continuo nuove bands molto valide (anche grazie alla nascita di etichette discografiche specializzate italiane: Right Tempo, Irma Moltojazz, Vjammin). Meritano menzione i romani Gazzara, fortemente influenzati dal JTQ (che hanno anche collaborato al loro ultimo disco) e dagli Style Council. Ad ulteriore dimostrazione dei legami mod-acid jazz, si ricorda che l’hammondista e leader della band suonava nei P.U.B., storica mod band capitolina della fine anni 80.

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